Ricordo ancora la prima volta che ho provato a meditare. Avevo letto che bisognava stare nella “posizione del loto”, e così, armata di entusiasmo e zero esperienza, mi sono seduta per terra, gambe incrociate, schiena dritta, occhi chiusi. Dopo tre minuti avevo già formicolii ovunque, e più che trovare la pace interiore, trovavo solo fastidio e frustrazione.
Quella sera ho capito una cosa importante:
la meditazione non è una prova di resistenza. È un ritorno a sé.
Spesso ci immaginiamo che per meditare “davvero” serva una posizione perfetta, da monaco zen. Ma meditare non è una performance, e la posizione migliore è quella in cui il corpo può restare sveglio e rilassato allo stesso tempo.
Che tu sia seduto a gambe incrociate, su una sedia, in ginocchio o perfino sdraiato… conta una cosa sola: che tu possa rimanere lì, presente, senza lottare contro il tuo corpo.
Il mio angolo preferito
Oggi, quando medito, mi siedo su una semplice sedia di legno, vicino alla finestra. I piedi toccano il pavimento, le mani poggiano leggere sulle cosce. La schiena è dritta ma morbida. A volte accendo una candela, a volte no. Non cerco la posizione perfetta. Cerco solo uno spazio dove posso respirare ed essere me stessa.
E sai cosa? Funziona.
Tre cose da ricordare, sempre
- Radicamento – Che tu sia per terra o su una sedia, senti il contatto con il suolo. È lì che comincia la stabilità.
- Allineamento – Immagina un filo che ti tira verso l’alto dalla sommità della testa. La tua colonna è eretta, ma senza sforzo.
- Presenza – Se la posizione ti fa male o ti distrae, cambiala. Non stai fallendo. Stai ascoltando.
In fondo, è una questione di gentilezza
La meditazione è un atto di gentilezza verso di te. E non c’è niente di più potente che sedersi, in qualunque modo tu voglia, e dire al tuo corpo:
“Ti vedo. Ti ascolto. Sono qui.”
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